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  Lavoro originale pubblicato su   www.melzoscuole.it/lavori_scuola/0304/prog_lettura/index.htm


ASPETTAVAMO UN OSPITE
Due giornate dedicate alla lettura e all'ascolto... di fiabe

Il 9 e il 10 febbraio 2004 le classi quarte e quinte del Circolo didattico di Melzo
hanno incontrato il prof. Filippetti

 
 
 
Ecco l'ospite


Roberto Filippetti
Sfoglia il quaderno di Elena


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L'incontro...

Il 9 e il 10 febbraio aspettavamo un ospite.
Nella nostra piccola città le classi quarte e quinte attendevano con ansia qualcuno che avrebbe raccontato loro delle storie. 
La sfida era piuttosto ardua e noi insegnanti ne eravamo consapevoli; qualcuno conosceva bene il calibro di chi sarebbe arrivato, altri, come me, semplicemente si fidavano.
L'importante, mi dicevo, è che riesca a conquistare i ragazzi, non solo quelli "facili da coinvolgere", ma quelli per i quali ogni giorno è una sfida, quelli che con uno sguardo capiscono dove vuoi arrivare e subito dopo ti fanno capire se intendono o meno arrivarci insieme a te..
Ed ecco finalmente l'incontro: lui, il professor Filippetti, è un uomo garbato, sorridente, ti parla affabilmente mescolando subito vita e lavoro, esperienze personali e progetti; lo fa con la naturalezza di chi si trova tra amici, con la gioia di chi intende raccontare per il piacere di condividere un dono grande.
Con lo stesso sorriso accoglie i ragazzi che lo guardano di sottecchi e aspettano di essere conquistati.
Senza troppi preamboli si accinge a raccontare loro la prima delle storie di Andersen che riecheggeranno tra le mura dei nostri plessi per i prossimi giorni: si tratta de "L'uomo di neve", cui il professor Filippetti ha aggiunto il sottotitolo "ovvero, in cosa consiste il cuore dell'io".
La racconta intonando la voce per caratterizzare i diversi personaggi, dando loro poesia e spessore; questo colpisce molto l'uditorio. C'è chi, a fine racconto, ammette di essersi sentito molto coinvolto; qualcuno addirittura confessa di essersi sentito trasportare in un altro luogo, vicino al freddo dell'uomo di neve, proprio lì, accanto alla finestra da cui si intravede la stufa. 

Segue, raccontata con la medesima intensità, la storia de "Il brutto anatroccolo", "o del tu che risponde al cuore".
Il contenuto dei racconti è di una bellezza struggente e i ragazzi fanno proprio il significato della parola-chiave "nostalgia", intesa proprio come dolore (-algia, appunto) che deriva da una separazione e che può quindi essere placato solo da un ricongiungimento ad una persona, un luogo.
Immediato l'aggancio all'esperienza personale che ci porta ad individuare nella nostra vita momenti di più o meno intensa nostalgia; ma come non approfondire ulteriormente pensando a quel "raschiatoio di stufa" che costituiva l'anima dell'uomo di neve ed era la causa della sua apparentemente inspiegabile nostalgia per essa? L'idea che qualcosa dentro di noi (l'anima?) rimanda ad altro, passa da sé, perché la simbologia è immediata nella sua semplicità.
Così come, chiamati ad individuare la frase-chiave del secondo racconto, i ragazzi facilmente la trovano: "Che importa se siamo nati in un pollaio, quando siamo usciti da un uovo di cigno?".
L'invito è il medesimo, quello a pensare a sé stessi come portatori di una ricchezza e di una bellezza tanto enorme quanto inconsapevole e immeritata; dono, appunto.

Il secondo incontro si apre con un'altra storia; si tratta de "Il lino", sempre di Andersen; ancora l'incontro con un cuore di bambino, innocente, speranzoso e un po' ingenuo, la pianticella di lino; ancora l'esperienza del dolore che mette alla prova perché appare gratuito, privo di motivazione; ancora un messaggio finale: "La storia non finisce mai!".

Da ultimo, il professore che, come dicono i ragazzi, "sembra adulto ma parla come un bambino", ci riserva una sorpresa: la lettura del capitolo XXI de "Il piccolo Principe" di Saint Exupery.
Non conosco nessuno che, leggendo questo testo, sia rimasto indifferente. 
Non lo ritengo possibile.
Se sei un educatore per professione, o semplicemente un genitore, dopo averlo letto la prima volta non potrai non innamorartene e, magari, commuoverti ogni volta che ti capiterà di nuovo sotto gli occhi.
Riuscire a catturare l'attenzione dei ragazzi raccontando loro la lezione del piccolo principe e della sua amica volpe credo sia un'esperienza davvero unica; "non si conoscono che le cose che si addomesticano" e, naturalmente, "l'essenziale è invisibile agli occhi": non è certo un gioco da ragazzi, è un modo di intendere la vita, una lezione per tutti.
Grazie professor Filippetti, averla tra noi è stato un piacere e un onore.
Grazie di averci avvicinato a dei testi tanto ricchi e tanto preziosi.
Grazie di averci aiutato a crescere. E non parlo solo dei ragazzi.

Emilia Cremonesi 




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