
Una delle peculiarità del nostro Liceo è quella di offrire diversi indirizzi, capaci di incontrare e potenziare le attitudini e le passioni dei nostri studenti; oltre a quello sportivo, artistico, linguistico e musicale, c’è l’indirizzo spettacolo, in cui gli studenti hanno l’occasione di conoscere il cinema, il teatro, la radio e la televisione in una prospettiva insieme diacronica e sincronica, teorica e pratica.
All’interno del percorso
Van Gogh: il mendicante di stelle ci è sembrato dunque naturale inserire un momento di teatralità vera e propria, ponendo su un piccolo palco illuminato due seggiole della Casa Gialla di Arles: quella di Van Gogh e quella di Gauguin.
Per rendere il momento più suggestivo e far sì che fossero proprio le celebri sedie, tante volte rappresentate nei dipinti del pittore, a “parlare”, si è deciso di affidare questo momento teatrale a delle voci fuori campo e non a degli studenti attori.
Ad accompagnare il visitatore in questo viaggio c’è Theo, il fratello di Vincent, che durante tutta la mostra accompagna le guide intervenendo con ricordi personali e letture tratte dall’epistolario privato. È proprio Theo, seduto al suo scrittoio a fianco del palco con le due seggiole, a ricordarci i mesi trascorsi da Vincent ad Arles, nella famosa Casa Gialla dove avrebbe voluto creare una comunità di pittori amici, capaci di aiutarsi, sostenersi e confrontarsi nei rispettivi percorsi artistici.
Ed è con questo felice ricordo che inizia il dialogo immaginario – tratto fedelmente dalla lettere scritte dallo stesso artista – tra le sedie:
“Bene, oggi ho preso in affitto l’ala destra della casa, che ha quattro stanze, o meglio due più due stanzucce. All’esterno è pitturata di giallo, dentro è imbiancata a calce, ed è in pieno sole […]. Abbiamo, qui in Provenza, un calore stupendo …Un sole, una luce che in mancanza di meglio non posso che chiamare gialla, gialla zolfo pallido, limone oro pallido. Com’è bello il giallo! Ho fatto dipingere di giallo la piccola casa dove abito perché voglio che sia per ciascuno la casa della luce. Ho organizzato tutto. Voglio che diventi una casa d’artista. Chissà se Gauguin si trasferirebbe al Sud? La stanza … che sarà di Gauguin, se verrà, avrà sui muri bianchi una decorazione di grandi girasoli gialli.
Gauguin era dotato di un temperamento diverso, che ben emerge dalla diversa reazione di fronte alla celebre Casa Gialla:
“Sono scioccato: dappertutto c’è disordine; la scatola dei colori di Vincent è appena sufficiente per contenere tutti quei tubetti schiacciati, che non sono mai stati chiusi…. Ma nella mia camera gialla i girasoli con gli occhi di porpora si ergono su uno sfondo giallo […].
I due amici nutrivano opinioni divergenti anche per quel che riguardava la pittura e i suoi rapporti col reale:
“I tuoi girasoli, Vincent, sono straordinari. Quello che hai dipinto “è proprio il fiore”, l’essenza profonda del fiore, al di là della realtà che si vede.”
“Grazie ma non capisco bene: io non voglio andare al di là di quello che vedo. Io mi confronto continuamente con la realtà. Se non fosse così, non avrebbe senso dipingere. Come può l’arte dire qualcosa all’uomo se non gli parla della realtà, della vita , della verità?”
“Ma non si tratta di negare la realtà, si tratta di superarla, di andare oltre: astrarre, ridurre a simbolo. […] Non mi preoccupo tanto di riprodurre quello che vedo: la forma esatta di un albero, il colore delle montagne. In nome di Dio le montagne sono blu, e allora le riempio di blu e non venirmi a dire il blu era un po’ così e un po’ cosà, le faccio blu e basta!”
Ad interrompere questo brusco scambio di battute è ancora una volta Theo, pronto a raccontarci che le loro discussioni tra le mura della casa assumevano spesso toni piuttosto violenti , tanto da indurli a minacciare di abbandonare la convivenza. Ma il loro rapporto s’incrinò definitivamente la sera del 23 dicembre, quando Gauguin, mentre camminava per strada, si sentì seguito da un passo che ben conosceva, si voltò e vide Vincent che gli si stava avventando contro con un rasoio in mano.
Allora fuggì e si rifugiò in un albergo.
Vincent rientrò a casa, si tagliò il lobo inferiore dell’orecchio sinistro, lo incartò e lo portò ad una prostituta di nome Rachel. Il giorno dopo lo ritrovarono nella Casa Gialla, a letto. Aveva perso molto sangue e non ricordava nulla. Lo ricoverarono in ospedale dove restò dodici giorni. Anche in questa occasione Vincent sentì che dipingendo se stesso sulla tela, avrebbe capito qualcosa di sé e forse sarebbe riuscito a superare quel momento di dolore.
Ma lasciamo che sia la stessa “sedia” di Van Gogh a descriverci i suoi stati d’animo e i loro riflessi sulla tela:
“Posso già dirti che i due ultimi studi sono molto strani. Quadri da 30, una sedia di legno e di paglia giallo pieno su un pavimento di mattoni rossi contro la parete (giorno). Poi la sedia di Gauguin, rosso e verde, umore notturno, pareti e pavimento anch’essi rosso e verde, sul sedile due romanzi e una candela.[…] Poi sono tornato a casa e ho visto la sedia di Pa, … dov’erano rimasti, ancor dal giorno prima, i suoi libri e i suoi quaderni. Mi sentivo triste come un bambino … ho cercato di dipingere “ il suo posto vuoto”.
È proprio su queste battute di Vincent che il dialogo si conclude, le luci si spengono, le sedie sul palco tornano ad essere nient’altro che sedie e la visita continua, girando questa triste e malinconica pagina della vita del pittore.
Maria Grazia Cantoni - Anna Maria Guidi